Lo SCEC è tecnicamente un buono, che non va a sostituire la moneta legale, ma semplicemente la integra |
Qualche giorno fa abbiamo introdotto l’argomento dello SCEC - Solidarietà ChE Cammina - riportando la cronaca di una interessante giornata organizzata al Cen. Ser. di Rovigo per effettuare il lancio ufficiale dell’Arcipelago SCEC Veneto. È ora opportuno entrare però nel dettaglio e spiegare nel particolare cosa è lo SCEC, com’è organizzato l’Arcipelago SCEC e soprattutto quali sono le ricadute che può avere questa interessante iniziativa nella vita quotidiana di ognuno di noi.
Lo SCEC è tecnicamente un buono, che non va a sostituire la moneta legale, ma semplicemente la integraAnzitutto è bene spendere due parole in merito alla filosofia che sta alla base del concetto dello SCEC. L’idea è quella di sovvertire una tendenza culturale che oggi ha decisamente preso il sopravvento, quella cioè di considerare l’economia come settore fondante della società, a cui tutto il resto - politica in primis - è asservito. Gli animatori di Arcipelago SCEC considerano invece l’economia come un mezzo,
uno strumento da utilizzare consapevolmente e limitatamente a ciò per cui può essere utile. Come ha detto Pierluigi Paoletti - socio fondatore dell’Arcipelago e curatore del sito del sito centrofondi.it - “l’economia deve servire a un solo e unico scopo: fornire a ciascuno ciò di cui ha bisogno”. In questo senso vengono utilizzate delle diciture retoriche e suggestive come l’acronimo SCEC - solidarietà che cammina - o il gioco di parole che dal termine “denaro” ricava la parola “donare” semplicemente invertendo due vocali.
Questi e altri slogan suggeriscono un importante cambio di mentalità, che si contrappone alla logica che sta alla base dell’economia attuale: il fine da raggiungere non è più la massimizzazione del profitto personale ma il benessere della comunità. Senza prendere coscienza di ciò, senza rinunciare ad uno stile di pensiero che ci condiziona nelle azioni di tutti i giorni - non solo quelle attinenti alla sfera economica e finanziaria - è difficile cogliere l’importanza della piccola rivoluzione operata dallo SCEC.
Ma veniamo a considerazioni più pratiche: che cos’è lo SCEC nel dettaglio? Come si può entrare nel circuito dell’Arcipelago e che vantaggi può garantire questo ingresso?
Andiamo con ordine. Lo SCEC è tecnicamente un buono, che non va a sostituire la moneta legale - l’euro, nel nostro caso - ma semplicemente la integra. Chi aderisce all’Arcipelago ha, infatti, la possibilità di suddividere qualsiasi tipo di pagamento verso altri associati in due parti, una delle quali verrà corrisposta in SCEC. Un esempio? Un ristorante che aderisce ad Arcipelago SCEC potrà far pagare un bicchiere di vino agli altri associati non i 5 € del prezzo ordinario, ma 4 € e 1 SCEC. Semplice, intuitivo e utile, soprattutto in questi tempi caratterizzati da grande rarefazione monetaria, in cui il 92% del denaro corrente è creditizio, in cui il ricorso ai prestiti bancari è l’unica maniera per reperire le risorse economiche necessarie a portare avanti l’attività lavorativa, in cui l’indebitamento privato (ma anche pubblico) è una spada di Damocle che pende sulla testa di milioni di persone.
Lo SCEC all’interno della comunità, del paese e della città mette in relazione fra loro i produttori locali creando una rete a misura di un mercato equo e sostenibile
La percentuale di SCEC che mediamente viene applicata al pagamento in euro è del 20% per quanto riguarda le attività pubbliche, ma i privati possono stabilire tranquillamente anche percentuali maggiori, fino ad arrivare a effettuare pagamenti interamente in SCEC.
Da queste informazioni possiamo identificare il primo grande vantaggio dello SCEC: esso non crea debito, come invece fa inevitabilmente qualsiasi forma di moneta (banconota, assegno, trasferimento bancario ecc.) emessa dalle banche.
Il secondo grande vantaggio garantito dagli SCEC è la valorizzazione delle comunità locali.
Questa idea è molto importante nella filosofia dell’Arcipelago, tanto che esso stesso è organizzato in “isole”, sezioni regionali che gestiscono autonomamente il circuito, coordinandosi su base nazionale. Il meccanismo stesso dello SCEC è, inoltre, garanzia di floridezza per le attività locali. Prima di tutto perché vengono escluse o considerevolmente ridimensionate le ingerenze dirette e indirette delle banche centrali e commerciali e degli istituti di credito e finanziari. Secondariamente, ma non per importanza, il sistema è studiato per agevolare la circolazione di SCEC all’interno della comunità, del paese, della città, mettendo in relazione fra loro i produttori locali e creando una rete a misura di un mercato equo e sostenibile.
In questo modo, così come si limitano le intromissioni delle grandi banche, è possibile circoscrivere anche l’influenza e l’espansione delle grandi aziende multinazionali e delle catene commerciali che non hanno altro interesse rispetto alle comunità economiche locali se non quello di aprire e consolidare un mercato sicuro e redditizio.
Recuperando l’esempio citato in precedenza, è possibile vedere come si costruisce questa rete: il ristorante che ha incassato gli SCEC dagli avventori, infatti, potrà spendere i suoi buoni presso un fornitore, per esempio il contadino che ha fornito il vino; egli a sua volta, quando avrà bisogno degli attrezzi per coltivare la vite userà gli SCEC ricevuti dal ristorante per pagare il ferramenta, il quale sabato sera andrà a cena con la famiglia nel ristorante da cui è partito il circolo, chiudendolo e rendendolo un sistema autonomo. Ovviamente l’esempio è semplificato al massimo, ma provate a immaginare le potenzialità di un sistema simile che non includa solo tre soggetti ma migliaia di essi, fra privati cittadini e attività pubbliche.
Il circuito SCEC sta crescendo sempre di più, ma ancora si potrebbero creare molti altri circuiti di tipo economico ad esempio
Si potrebbero creare tanti circuiti economici che si autoalimentano e che possono contare esclusivamente sulle proprie potenzialità, senza dover dipendere da istituti, aziende, produttori e importatori che si trovano in altri continenti e che sono tutti legati da una sorta di effetto domino secondo il quale la crisi di uno manda in rovina automaticamente tutti gli altri (esattamente come sta succedendo adesso).
Ma qui l’errore lo sto facendo io, parlando al condizionale. Non sto infatti descrivendo un sogno o un progetto irrealizzabile, sto descrivendo una realtà consolidata e in crescita esponenziale, ben ramificata in tutta Italia e che si sta affacciando anche all’estero. A questo proposito, è bene puntualizzare che le comunità economiche locali autonome e indipendenti che ho descritto non sono assolutamente entità autoreferenziali.
L’Arcipelago, infatti, esiste in tutta Italia e più cresce numericamente più diventa forte; tutte le realtà locali e regionali vanno quindi a formare un unico sistema nazionale che mantiene le stesse caratteristiche di autonomia e reciprocità secondo una prospettiva che - rubando un termine alla filosofia - potremmo definire solistica.
Infine, per completare la gamma di opportunità che offre lo SCEC - dopo la capacità di non creare debito, la solidità e la valorizzazione che garantisce alle comunità locali, la struttura reticolare che unisce tante realtà in un unico Arcipelago nazionale - l’ultimo vantaggio che è necessario ricordare è assicurato dalla scelta deliberata operata dagli animatori di Arcipelago SCEC di prediligere circuiti commerciali eticamente corretti, equi e sostenibili.
Quelli che non si rifanno a logiche di sfruttamento dei lavoratori, di utilizzo sregolato ed eccessivo delle fonti energetiche, di noncuranza della salute ambientale e così via. Di contro, vengono incoraggiate pratiche virtuose quali la produzione di energia alternativa, il consumo a chilometri zero o la raccolta differenziata
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